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Voce, canto armonico, Zero Point Energy. Simbolo e metafora.

Nel mondo del canto, della musicoterapia e delle ricerche sperimentali riguardanti la voce, emerge una connessione affascinante tra la voce umana e il concetto di “Zero Point Energy” mutuato dalla fisica quantistica. Si riferisce all’energia minima che una particella subatomica può avere, anche quando è a temperatura assoluta (0 Kelvin, -273,15°C). Questo significa che anche nello stato di riposo più completo, le particelle continuano a vibrare a una certa energia di base, chiamata appunto energia del punto zero (ZPE), questo è un concetto affascinante, poiché suggerisce che il vuoto apparente non è completamente privo di energia, ma piuttosto traboccante di fluttuazioni quantistiche. Questa idea è stata oggetto di studi e discussioni nel contesto della teoria quantistica dei campi e ha importanti implicazioni in diverse aree della fisica.

Per comprendere appieno la connessione, tra voce, canto e ZPE esploriamo come le vocali e i simboli possono diventare un ponte tra la dimensione fisica e quella spirituale. Le vocali, sono le fondamenta del linguaggio e del canto, e possono assumere un significato simbolico profondo. Nella mia pratica, ho associato la vocali “u” e “i” a concetti specifici: “u” rappresenta la terra, l’energia femminile e l’orizzontalità, mentre “i” simboleggia il cielo, l’energia maschile e la verticalità. Questa distinzione tra materia (rappresentata dalla linea orizzontale) e spirito (rappresentato dalla linea verticale) è una visione comune a molte tradizioni spirituali. La linea orizzontale rappresenta la solidità della materia, mentre la linea verticale simboleggia l’ascesa verso lo spirito. Là dove queste due linee si intersecano, si crea un potente simbolo: la croce. Questa intersezione rappresenta il punto in cui materia e spirito si incontrano e si bilanciano. Al centro, nella mia personale visione, sorge l’energia del punto zero (ZPE), ovvero il raggiungimento dello stato di “presenza”, è possibile trovare alcune correlazioni tra questo punto specifico e i concetti legati a una visione spirituale:

  1. Connessione universale: si può pensare alla ZPE come contenente una sorta di energia che permea tutto l’universo (QI, prana, materia oscura). Questa visione può richiamare concetti di unità o interconnessione tra tutte le cose, che sono spesso associati alla spiritualità.
  2. Vibrazioni e frequenze: nella fisica quantistica, l’energia del punto zero è legata alle vibrazioni delle particelle, questo concetto può essere collegato all’idea di “vibrazioni spirituali”
  3. Stato di pace e calma: la ZPE rappresenta uno stato di minima energia, che potrebbe essere interpretato come un momento di calma, pace interiore e presenza. Questo potrebbe essere paragonato alla meditazione o alla ricerca della centratura nelle pratiche spirituali.
  4. Esplorazione interiore: la ricerca di una connessione spirituale spesso coinvolge l’esplorazione interiore e la comprensione di aspetti profondi di sé e della realtà

Un’altra simbologia interessante da prendere in considerazione per spiegare meglio questo centro di “presenza “è l’occhio del ciclone. Mentre tutto attorno a esso è turbolento e caotico, l’occhio offre un rifugio temporaneo di serenità. Questa zona di quiete è creata dal contrasto tra i venti convergenti che lo circondano, creando un equilibrio al centro della tempesta.
La correlazione tra ZPE e l’occhio del ciclone risiede nella loro rappresentazione di equilibri nelle dimensioni opposte dell’universo.: l’equilibrio del microcosmo, presente a livello subatomico, e l’equilibrio del macrocosmo, riferito a un fenomeno meteorologico, entrambi ci ricordano che l’equilibrio è una qualità intrinseca dell’universo, sia nell’infinitamente grande che nell’infinitamente piccolo. Questa correlazione può essere vista come un invito a riflettere sulla profonda interconnessione tra tutti gli aspetti dell’universo, dall’energia primordiale delle particelle subatomiche alla calma apparente nel cuore della tempesta. Tuttavia, è importante sottolineare che queste correlazioni sono interpretazioni personali e filosofiche. La fisica quantistica e la spiritualità operano in ambiti molto diversi, ma anche molto simili, questo non impedisce, di trarre ispirazione da tali concetti per la propria esplorazione personale e ricerca spirituale.

La connessione tra voce e ZPE suggerisce un equilibrio armonico tra la manifestazione fisica e la dimensione spirituale. Quando cantiamo, possiamo sperimentare questo equilibrio, creando un ponte tra il mondo materiale e regno spirituale. Il canto delle vocali diventa un mezzo per esplorare la profondità della nostra esistenza, una pratica che riflette il nostro desiderio di connettere materia e spirito. La ZPE si trova al centro di questa esplorazione, rappresentando l’equilibrio, la calma e la convergenza tra questi due mondi.

Lorenzo Pierobon 2023 ©

L’Importanza della supervisione in musicoterapia: sviluppo personale e professionale

La supervisione rappresenta un pilastro  fondamentale per i musicoterapeuti nel loro percorso di crescita personale e professionale. Questo approccio, sebbene orientato verso il lato professionale, è in realtà un’opportunità terapeutica fondamentale che consente di esplorare, riflettere e sviluppare le loro competenze attraverso un punto di vista unico.

La supervisione come specchio: riflessione e crescita

Uno degli aspetti più significativi della supervisione i è la sua capacità di agire come uno specchio per i musicoterapeuti. Questo processo consente loro di riflettere sul transfert e contro transfert, ossia la dinamica di proiezione che può emergere tra il terapeuta e il paziente. Inoltre, offre l’opportunità di esplorare conflitti interni che possono emergere durante le sedute di musicoterapia. La supervisione è completamente centrata sul musicoterapeuta, creando uno spazio sicuro per esplorare questi aspetti senza giudizio.

La richiesta di supervisione

Un altro elemento cruciale  è la chiara focalizzazione sulla richiesta di supervisione da parte del musicoterapeuta. Questo passo essenziale aiuta a definire gli obiettivi della supervisione e a guidare il processo in modo efficace. La supervisione, in questo senso, diventa altamente personalizzata, adattandosi alle esigenze specifiche del musicoterapeuta e dei suoi casi clinici.

Role Play: inversione dei ruoli per una prospettiva diversa

Un approccio innovativo che utilizzo nella supervisione è il role play, dove il musicoterapeuta assume il ruolo di paziente. Questa inversione dei ruoli permette di ottenere una prospettiva diversa sulle dinamiche terapeutiche e sui problemi incontrati durante le sedute. Il supervisore guida questo processo, aiutando il musicoterapeuta a ristrutturare le situazioni e a scoprire nuove vie per affrontare le sfide.

Visione chiara

Una pratica che propongo  per migliorare l’efficacia della supervisione  è la creazione  di un foglio con tutte le parole chiave  e mappe concettuali relative alla seduta da supervisionare. Alla fine della supervisione, suggerisco di dare un titolo  evidenziando le principali tematiche emerse. Questa visualizzazione chiara aiuta il professionista a riassumere e integrare l’esperienza di supervisione in modo efficace.

In conclusione, la supervisione in musicoterapia è molto più di una semplice revisione delle pratiche cliniche; è un’opportunità di crescita personale e professionale. Attraverso il processo di riflessione, inversione dei ruoli e focalizzazione, i musicoterapeuti possono affinare le loro competenze e offrire un servizio terapeutico più efficace ai loro clienti. La supervisione in musicoterapia è un ponte che collega l’arte della musica con la scienza della terapia, consentendo ai musicoterapeuti di essere più efficaci  nel loro percorso professionale.

info: pierobon.lorenzo@gmail.com

Lorenzo Pierobon 2023

Musicoterapia: il modello Vocal Harmonics in Motion

La musica ha il potere di toccare le corde più profonde dell’animo umano, un ponte che collega emozioni, pensieri e stati d’animo. La musicoterapia, un campo in continua crescita, sfrutta questa capacità innata del suono per promuovere il benessere mentale, emotivo, spirituale e fisico delle persone.

Il  metodo”VHM (Vocal Harmonics in Motion) offre un approccio unico e innovativo nell’uso terapeutico della musica, della voce e del suono. Questo approccio si basa sull’idea che la musica sia uno strumento di comunicazione primordiale e che sia possibile utilizzarla per accedere a parti profonde dell’individuo che possono essere difficili da esprimere verbalmente.

Principi Fondamentali:

  1. La Musica come Linguaggio: nella prospettiva VHM, la musica, la voce e il canto sono considerati un linguaggio attraverso il quale le emozioni e i pensieri possono essere espressi e condivisi. Questo è particolarmente rilevante per coloro che hanno difficoltà ad esprimersi con la parola.
  2. Improvisazione: la musica improvvisata gioca un ruolo centrale nel modello VHM.

I pazienti sono incoraggiati a esprimere se stessi attraverso la musica senza restrizioni, creando un ambiente di libertà espressiva e creativa.

  1. Risonanza e Contenimento: il terapeuta guida il paziente attraverso l’improvvisazione, creando un “contenitore” emotivo sicuro in cui il paziente può esplorare i propri sentimenti e pensieri. La “risonanza” si riferisce alla capacità del terapeuta di rispecchiare emotivamente il paziente, creando un legame empatico.
  2. Processo Espressivo: il modello VHM enfatizza l’esperienza emotiva più che la performance musicale tecnica. Il focus è incentrato sulla liberazione delle emozioni attraverso la musica, senza giudizio.

Benefici

  1. Espressione Emotiva: permette ai pazienti di esprimere emozioni profonde che potrebbero essere troppo difficili da esprimere in parole. La musica diventa un canale per affrontare e comprendere le proprie emozioni.
  2. Gestione dello Stress e dell’Ansia: la musica ha dimostrato di avere effetti positivi sulla riduzione dello stress e dell’ansia. l’improvvisazione musicale può essere liberatoria, contribuendo al rilascio delle tensioni accumulate.
  3. Potenziamento dell’Autostima: creare musica in un ambiente protetto e accogliente può contribuire a un maggiore senso di autostima e fiducia in se stessi.
  4. Potenziale per il Recupero: la musicoterapia può essere un supporto prezioso nelle situazioni di recupero da traumi, dipendenze o disturbi mentali e offre un percorso per affrontare e superare le sfide emotive.
  5. Comunicazione Interpersonale: attraverso la musica, i pazienti possono sviluppare capacità di comunicazione interpersonale, migliorando la loro capacità di connettersi con gli altri in modi nuovi e significativi.

 

Lorenzo Pierobon 2023

Concerto rituale: Harmonics Art Ensemble 22 giugno 2024 -Montallegro (GE)

Un concerto speciale, per un evento speciale, in un luogo speciale. Un rituale sonoro.

Harmonics Art Ensemble live nel bosco di Montallegro ore 22

info e dettagli in via di definizione.

 

 

Concerto d-Safe: Pitch Black 17 dicembre – Monza

Pitch Black dipingere il buio

Chitarre inusuali, suggestioni vocali, sperimentazioni elettroniche, una colonna sonora senza immagini, un viaggio al limitare del silenzio: anche il sorriso della Gioconda, al buio, è invisibile.

Un concerto al buio.

d-Safe: Marco Pancaldi – guitar     Lorenzo Pierobon – voice
Domenica 17 Dicembre Ore 15.30 Teatro Binario 7 Via Turati, 8 – Monza Sala Picasso

INGRESSO A CONTRIBUTO LIBERO SU PRENOTAZIONE: TEL. 039.23.26.64.

E-MAIL: UICMON@UICI.IT

 

IL SUONO IMMOBILE

Il ruolo e la gestione del silenzio nel modello di MT Benenzon.

“Generalmente si definisce il silenzio come l’assenza di rumore, di agitazione. Il vero silenzio è molto più di un’assenza di rumore, è al di sopra della parola, al di sopra della musica: è un centro potente da cui scaturiscono tutte le creazioni.

Omraam Mikhaël Aïvanhov

 

“In principio era il Verbo……”, il suono creatore, ma prima del principio, probabilmente, esisteva il suono a cui tutto dobbiamo: il silenzio. Il silenzio alfa ed omega di ogni esistenza, inizio e fine di ogni seduta di musicoterapia, croce e delizia di ogni musicoterapeuta.

Temiamo il silenzio come se fosse portatore di un inganno, di un precipitare verso un vuoto dal quale non sappiamo difenderci. La nostra vita, riempita dalla velocità del fare, dedita alla costruzione di una personalità esteriore, non è più in grado di sopportare l’immobilità del silenzio, che invece si rivela la nostra parte più autentica e ricca di intuizione. Lasciare che questo spazio interiore ritrovi la sua collocazione nel nostro essere ci permette di lasciare il campo alla mente intuitiva ed osservatrice in grado di cogliere tutto quello che può arrivare sotto forma di “percezione improvvisa”, di “lampo”, uno stato interno che da vigore al corpo e chiarezza alle emozioni, spesso contaminate dal giudizio. Quello a cui aspiriamo all’interno di una seduta di musicoterapia è una comunicazione non verbale frutto di un ascolto interiore, dove il paziente non sia considerato un appiglio, ma un compagno di viaggio verso la costruzione di un contenitore emotivo.

L’instaurarsi del silenzio esalta i suoni della vita: il respiro, il battito cardiaco, e ci conduce verso una ricerca nirvanica del mai dimenticato suono intrauterino. Restare nel silenzio, nutrirsi del silenzio, significa attivare un profondo ascolto empatico, prepararsi ad entrare in contatto con l’altro agire nel suo mondo. E’ la capacità di immergersi nello spazio altrui e di partecipare ad una esperienza comune attraverso il non verbale. Il silenzio è una liturgia che attiva la relazione. In musicoterapia questo suono è quasi una necessità che prepara all’ascolto e alla interazione, per questo bisogna coltivare il rispetto e la comprensione del silenzio, questo “non luogo” che da origine all’ascolto, all’attesa, all’accoglienza; il musicoterapeuta ed il paziente li stabiliscono uno spazio profondo di condivisione che spesso si oppone all’isolamento. Una delle difficoltà che incontra il MT nello svolgimento della seduta, a mio avviso, è proprio la gestione del silenzio e di tutte le emozioni e scariche energetiche che ne conseguono, sia da parte del musicoterapeuta, che del paziente. Angoscia, ansia, paura, senso di inadeguatezza, tutti questi fantasmi improvvisamente si materializzano tra le pieghe di questo suono immobile. Molto spesso nelle sessioni di musicoterapia una parte di noi (terapeuti e pazienti) è attratta dal suono, bisogna riconoscere questo, perché la manifestazione sonora impedisce il manifestarsi dell’angoscia, infonde un senso di sicurezza.

Il suono ci protegge da riflessioni, allontana gli incubi, il suono è immediato e prepotentemente presente. Ma cosa pensiamo realmente di fronte al silenzio? Ci preoccupiamo di non capire i comportamenti del paziente? Lasciamo spazio alla sensazione di inadeguatezza? Riteniamo che possa significare una resistenza e per questo ci sentiamo in obbligo di “fare qualcosa” perdendo di vista il focus della seduta? Evidentemente è necessario che il musicoterapeuta abbia eliminato la paura del suo silenzio dalla mente perché questo possa esprimersi come reale valore e non essere interpretato come possibile resistenza. Dobbiamo, allora decidere di accettare il silenzio come “mezzo” e di utilizzarlo per “entrare dentro”, in esplorazione, ma rimanendo saldi nel nostro punto di percezione. Per dare ascolto sia a noi stessi che agli altri per imparare che nel silenzio in realtà c’è il suono. Quello che noi cerchiamo non è nei suoni, ma tra i suoni, non è nelle parole, ma tra le parole, restare nell’universo silenzioso significa ritrovare il mondo del simbolismo e il significato corporeo, o come diceva Simone Weil: “Ogni essere grida in silenzio per essere letto altrimenti”. E allora come fare? Non è sempre facile restare nel silenzio, attendere, spesso mi sono sentito in dovere di interrompere il silenzio per “fare musicoterapia” per non essere obbligato a restare in quell’universo in cui il paziente mi voleva con se. In questi momenti nella testa passano tanti dubbi e tante domande: cosa sto facendo? Quanto ancora dovrò aspettare? Questa assenza di suono sarà produttiva, porterà a qualcosa? E ancora, sentirsi quasi in dovere di produrre un suono, per me, per lui, per chi ascolta ed attende fuori dal setting, spesso mi sono sentito trascinato nella condizione di dover “fare”, per la paura del giudizio di chi non potrebbe capire quell’assenza di suono così prolungata. Padroneggiare adeguatamente questo “non suono”, non è cosa semplice, ma l’esperienza ed il tempo vengono in aiuto, posso dire con certezza che crescere (anche professionalmente) sia stato un aiuto più che concreto nell’aiutarmi a gestire questi momenti. Esperienza e ore di lavoro accumulate aiutano, ma mi metto anche nei panni di chi affronta questo percorso per la prima volta soprattutto in età molto giovane; a mio avviso il saper restare nel silenzio procede di pari passo con l’avanzare dell’età. Un aiuto ulteriore è sicuramente arrivato dall’intraprendere un lavoro ed una ricerca personale, attraverso tecniche quali la meditazione (o altre discipline orientali), che insegnano a stare nel silenzio, a non averne paura, ma a considerarlo un alleato. Il silenzio “esterno” che inevitabilmente si crea sposta l’attenzione verso l’interno, obbligandoci così ad ascoltarci intimamente e ad accedere a quello spazio intimo e silenzioso che mi piace definire il “luogo interiore”.

Lorenzo Pierobon

 

Melodie Cellulari: nuove prospettive di medicina rigenerativa

Questo video del Prof. Carlo Ventura, che ringrazio sentitamente per la sua ricerca sul campo, illustra i meravigliosi meccanismi che sottendono alle attività artistiche, musicali e vocali, ancora una volta la Scienza restituisce dignità e rispetto a tutte le pratiche derivate da antiche conoscenze ed elevata consapevolezza.  Proseguiamo senza indugio nelle nostre ricerche e nel nostro lavoro per permettere ad un numero sempre più elevato di persone di poter accedere a queste conoscenze.

Il Mistero della Voce LAB. 16 dicembre – Milano –

Le date: 16 dicembre – 17 febbraio 2024 – 20 aprile 2024

Un laboratorio che nasce dall’esperienza di Lorenzo Pierobon, musicoterapeuta, cantante e ricercatore della Voce, e dall’esigenza di iniziare a trasmettere una conoscenza accumulata in quasi trenta anni di ricerca e sperimentazione vocale. Gli incontri sono pensati per indagare lo strumento voce in maniera profonda, non soffermandosi esclusivamente sulla parte tecnica, ma esplorando le componenti più misteriose che conferiscono alla Voce lo status di “strumento trasformativo”. Le tecniche del canto armonico (overtones singing) ci accompagneranno in questo percorso alla scoperta della parte più nascosta e potente della voce: la componente esoterica. Tutti possono partecipare, non servono prerequisiti tecnici, in particolare è consigliato:

• A coloro che desiderano intraprendere un percorso di crescita personale e di consapevolezza

• Professionisti della relazione di aiuto (medici, psicologi, counselor, operatori olistici, insegnanti, etc).

• Artisti

• Cantanti e danzatori

• Esploratori

Gli incontri sono fruibili singolarmente, ma è fortemente consigliato il percorso completo, al termine del quale sarà rilasciato un attestato di frequenza. Per chi lo desiderasse è possibile attivare sessioni individuali di tutoring e supervisione in presenza, dove possibile, oppure online. (Gli incontri individuali, sono da considerarsi come costo a parte e saranno concordati direttamente con l’insegnante).

PROGRAMMA DETTAGLIATO

Segreteria KAILASH Telefono 02 39545486 e-mail informazioni@cckailash.it

 

 

Recensione: la notte della Sibilla, un rito musicale – 4 giugno 2022

LA NOTTE DELLA SIBILLA

CASA KEYOU, 4 GIUGNO 2022 con Giusi Zaccagnini, Lorenzo Pierobon, AnnA Taddonio

Battiti potenti di tamburo scuotono il vocio che subito si zittisce. Si dissipa, di colpo, il velo della quarta parete: entriamo tutti nella magia dell’Arte e si percepisce che quei battiti stanno cambiando le vibrazioni della Shala e le nostre, interiori.Ogni tanto un richiamo d’uccello irrompe, si insinua e si propaga come un’eco misteriosa.

Inquietante? Quei suoni, in fondo, lo sono, come tutti i richiami, e dicono: “Preparati, anima, all’incontro! Vexilla initura sunt. Sibilla venit[1]…”.E proprio quell’inquietudine è la chiave d’accesso che prepara all’evento: un occhio disposto a cogliere l’azione teatrale/rituale, l’altro pronto a guardare in interiore hominis. E il ritmo insiste, incalza e fa da tappeto agli altri suoni che evocano immagini, fors’anche emozioni, ma ancora senza precisa identità.

Quand’ecco, come dal cunicolo dell’antro, avanza Lei. E vengo catapultata a Cuma, in quel corridoio di passaggio che sta nella mia memoria di studentessa.Lei, avvolta e nascosta da veli, accompagnata da tintinnii di sonagli e da bagliori evanescenti. Anche Lei inquietante, perché pienamente avvolta dal Mistero, a cui si aggiungono le nostre aspettative e, forse, i ricordi dell’immaginario.

Avanza, maestosa, con lentezza, entrando con circospezione nello spazio sacro, appositamente per Lei predisposto con fumigazioni sapienti e rituali.E comincia il disvelamento, lentamente, quel poco che serve ora. E poi ancora e ancora.Finché un urlo acutissimo squarcia inaspettatamente il silenzio, appena sostenuto dalle Voci di AnnA Taddonio e Lorenzo Pierobon.

Il cuore accelera i battiti, ma quell’urlo ha avuto il potere di tacitare la mente e, in fondo, anche le meravigliate attese degli spettatori.È come se si fosse formata una bolla fuori dallo spazio-tempo e non ci fosse più distinzione fra pubblico, musicisti (che hanno sempre intessuto con Lei un dialogo potente di suoni e Voci dalla grande forza evocatrice) e la Sibilla stessa, che da quel momento ha costituito il focus per tutti gli astanti.

Davanti a Lei, fra due lanterne, è posta una grande ciotola tibetana che contiene le nostre domande o delle parole-chiave su cui ha dato i suoi responsi oracolari, mirabilmente improvvisando (l’attrice, Giusi Zaccagnini) per più di un’ora, con acute e profonde osservazioni e con saggi consigli, pur non sapendo da chi provenissero le domande e le suggestioni tematiche; io credo, però, in base alla mia personale esperienza di quella sera, che si sia comunque sintonizzata con i presenti, molto più di quanto Lei stessa possa aver immaginato, incarnando davvero, e non solo per finzione teatrale, il ruolo della Sibilla. Ogni piccolo foglio viene pescato dalla ciotola sonora e riposto con pari cura, con una mano rispettosa e forse guidata da mani “altre”… Chissà?! Amore, Chiave, Malattia, Mistero… un mondo dietro ogni parola. Sarebbe stato facile cadere nella banalità, ma questo non è stato, mai. Anzi!

“Così la neve al sol si disigilla /così al vento ne le foglie levi / si perdea la sentenza di Sibilla.” (Dante, Par. XXXIII 64-66)

Eppure quell’Essere misterioso, dalla voce talora potente e penetrante, a volte inquietante, altre volte pari a un soffio di vento, con il passare del tempo e dei responsi, si è via via completamente dis-velato, palesando alla fine solo la Donna, potente e fragile, umile ed eccelsa; donna fra le donne, umana fra gli umani. E con un altro urlo lacerante ha sigillato la fine del suo intervento. Alfa e Omega impresse su una lapide ideale con la sola forza della Voce. Ma la suggestione non sarebbe stata così potente, se ogni momento non fosse stato preparato e accompagnato, sostenuto e sottolineato dalle magiche sonorità prodotte da AnnA e Lorenzo: tamburi sciamanici, gong, campane tibetane… e i canti ispirati che, a momenti, mi hanno dato l’impressione che provenissero dal sancta sanctorum di un tempio, tale era la mirabile sacralità delle Voci.Arte che nasce dalle connessioni, dall’Ascolto reciproco, da una sorta di sintonizzazione spontanea, che ha del miracoloso. E con profonda riconoscenza ringrazio chi ha ideato, realizzato e ospitato questa “Notte della Sibilla”, perché, oltretutto, mi ha ricordato quanto scrisse Servio nel suo commento all’Eneide di Virgilio: “Si dice Sibilla ogni fanciulla che abbia la capacità di accogliere la divinità nel suo petto”.

Se ci ricordassimo più spesso questa “verità”, daremmo più frequentemente Voce al Divino che è in noi e diventeremmo davvero “profetesse” del nostro deus interiore. Perché “profeta”, contrariamente a quanto generalmente si pensa, non è colui che “dice prima” gli eventi futuri, ma chi parla “al posto di…” un “dio”, si fa ispirare, invasare dall’enthousiasmòs, l’ispirazione divina (il furor dei Latini).

Ma la buona notizia (e non è affatto una novità, sia chiaro) è che questa Voce non va più ricercata in un “altrove” fuori di noi (in latino “altrove” si dice alibi… un caso?), ma, con espressione già precedentemente usata, in interiore hominis.

Lì è la sede, nell’umiltà del più potente incontro con la nostra parte divina.

Maria Rita Piva

[1] I vessilli stanno per entrare. La Sibilla viene.

Le cinque stanze e il mistero della Voce

Entrare in contatto profondo con la voce comporta un viaggio fortemente simbolico “da fuori a dentro”, la possibilità di unire la linea orizzontale con quella verticale, per questo ho sentito l’esigenza di creare il percorso delle cinque stanze, una modalità di preparazione e di riscaldamento con tre diversi livelli di fruizione: fisico, energetico, simbolico. In questa esplorazione entreremo in possesso di strumenti da utilizzare, simboli, intuizioni, otterremo  la possibilità di liberarci dei nostri fardelli emotivi, energetici, mentali. Chi conosce il mio lavoro sulla voce sa che ogni incontro, individuale o di gruppo, inizia sempre in modo rituale con il percorso delle cinque stanze.

LA STANZA DEL SUONO: dedicata al paesaggio sonoro che ci accompagna nel percorso, il primo passo è quello di entrare in contatto profondo con tutte le fonti sonore presenti nel “qui e ora”, affinando l’udito si aumenta la concentrazione e la presenza.

LA STANZA DELLA MATERIA: entriamo in contatto con con il corpo evidenziando i messaggi che quest’ultimo ci invia incessantemente; aumenteremo così la consapevolezza dei blocchi e delle tensioni fisiche.

LA STANZA DELLE EMOZIONI: il contenitore del nostro stato d’animo, qui possiamo percepire in modo netto le emozioni che governano il nostro essere nel momento presente.

Le prime tre stanze permettono al nostro sistema corpo/mente di entrare in uno stato di profonda attenzione e presenza.

LA STANZA DEL RESPIRO: qui avviene il contatto alchemico tra terra e cielo, la trasformazione del respiro meccanico in respiro consapevole. Successivamente attraverso l’emissione di alcuni suoni consonantici ci concediamo la possibilità di liberare simbolicamente tutto ciò che può ostacolare il nostro percorso: paure, tensioni, blocchi e pensieri negativi.

LA STANZA DELLA VOCE: il luogo piú sacro della “cattedrale sonora” in cui viene custodito il Mistero, qui inizia il riscaldamento vocale e la pratica esoterica della Voce, entriamo in contatto con il non luogo: L’altrove.

Lorenzo Pierobon © 2014