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Cantare per creare: forme pensiero, energia e intenzione in movimento

I pensieri non sono entità effimere che svaniscono nel nulla dopo essere stati formulati. Al contrario, ogni pensiero ben definito è un atto creativo che lascia una traccia nel campo energetico e mentale, generando effetti che possono influenzare profondamente la realtà. Le forme pensiero, quindi, non sono solo manifestazioni del nostro mondo interiore, ma rappresentano vibrazioni e energie che si irradiano verso l’esterno, modellando la nostra esperienza e l’ambiente circostante. Questo concetto, esplorato da filosofi, scienziati e tradizioni spirituali, unisce metafisica, fisica e psicologia in una visione integrata del potere della mente. Pensare, infatti, non è mai un atto passivo: ogni pensiero è una forza in movimento, capace di propagarsi, influenzare e trasformare.

Le forme pensiero si riferiscono a costruzioni energetiche o entità immateriali create dalla mente umana attraverso pensieri, emozioni e intenzione focalizzata. Il termine è spesso associato alla teosofia, esiste anche in altre tradizioni spirituali, come l’induismo, dove il pensiero è considerato un’energia creativa, e in special modo nella cultura tibetana, con l’idea del tulpa, un’entità mentale autonoma. Nel buddhismo tibetano, il tulpa è una manifestazione intenzionale del pensiero, creata attraverso la meditazione profonda e il controllo mentale. È visto come uno strumento per esplorare la natura della mente e la sua capacità di creare realtà. Non si tratta necessariamente di entità “fisiche”, ma di “forme pensiero” che possono essere percepite come reali da chi le crea. I monaci tibetani utilizzavano queste pratiche per scopi specifici, come superare paure, ottenere visioni, o approfondire la comprensione della realtà illusoria. Creare un tulpa richiede disciplina mentale e la capacità di focalizzarsi su un’immagine mentale fino a darle una sorta di “vita propria”.

Comprendere come funzionano le forme pensiero significa prendere consapevolezza della nostra responsabilità e del nostro potere creativo. Ogni pensiero produce due effetti fondamentali: una vibrazione che si irradia verso l’esterno e una forma energetica che prende vita nel campo mentale. Questi due aspetti sono strettamente interconnessi e rappresentano le modalità con cui il pensiero agisce sia sul piano personale sia su quello collettivo.

Quando pensiamo, il nostro corpo mentale – una struttura energetica che riflette l’attività della nostra mente – si mette in vibrazione. Questo fenomeno avviene in modo istantaneo: ogni pensiero genera onde vibratorie che si propagano nello spazio, proprio come le onde create da un sasso lanciato in uno stagno. Tuttavia, la natura e la forza di queste onde dipendono dalla chiarezza, dall’intensità, dalla presenza.   e dall’intenzione che accompagna il pensiero che le genera. Un pensiero semplice, privo di complessità o profondità, produrrà vibrazioni deboli e poco strutturate. Al contrario, un pensiero forte, chiaro e focalizzato genererà vibrazioni potenti, capaci di influenzare profondamente il campo energetico circostante. Questo ci insegna che non è solo la forza del pensiero a determinare il suo impatto, ma soprattutto la sua precisione e coerenza.

Il concetto di vibrazione non è un’astrazione metafisica, ma una realtà concreta che possiamo osservare anche nel mondo fisico. La cymatica, la scienza che studia gli effetti delle vibrazioni sulla materia, dimostra come le onde sonore possano creare forme organizzate in materiali come acqua, sabbia o polvere. Analogamente, le vibrazioni generate dai pensieri producono effetti tangibili nel campo mentale, influenzando sia il nostro stato interiore sia quello degli altri. Quando un pensiero entra in contatto con un altro corpo mentale, tende a farlo vibrare in sintonia con la propria frequenza. Questo fenomeno, noto come risonanza mentale, è simile a ciò che accade tra due diapason: se uno viene fatto vibrare, anche l’altro, posto nelle vicinanze, comincerà a emettere lo stesso suono. La forza di questa risonanza dipende dalla chiarezza e dall’intensità del pensiero originale. Pensieri chiari, precisi e positivi avranno un impatto più forte rispetto a pensieri confusi o negativi. Inoltre, una mente predisposta a vibrare su frequenze elevate sarà più ricettiva ai pensieri di natura positiva, amplificando il loro effetto e diffondendoli ulteriormente.

Un pensiero non è solo un impulso momentaneo, ma può assumere una forma autonoma nel campo energetico. Quando creiamo un pensiero, lo rivestiamo di una struttura vibratoria che, in base alla sua intensità e chiarezza, può rimanere attiva per un tempo variabile. Se il pensiero è diretto verso un obiettivo specifico – una persona, una situazione, un progetto – la sua energia rimane focalizzata su quel target, influenzandolo costantemente. Questa forma di energia mentale è responsabile, ad esempio, dei risultati di una visualizzazione intenzionale o di una preghiera diretta. Quando, invece, il pensiero non ha un obiettivo preciso, esso rimane fluttuante nell’atmosfera mentale, irradiando energia simile a quella del suo creatore. Se non trova corpi mentali ricettivi, questa forma pensiero si dissolve gradualmente, perdendo la propria forza. Tuttavia, se entra in contatto con una mente affine, capace di vibrare sulla stessa frequenza, la forma pensiero viene assorbita e rafforzata, continuando il suo ciclo di propagazione.

David Bohm, uno dei più grandi fisici e pensatori del XX secolo, affermava che “l’immaginazione è già la creazione della forma, possiede già l’intenzione e il principio di tutti i movimenti necessari per metterla in atto.” Questa frase ci ricorda che l’intenzione è il motore principale della creazione mentale. Ogni pensiero nasce da un’intenzione, che ne determina la direzione, la chiarezza e la forza. Quando pensiamo con consapevolezza e intenzione, diamo al pensiero una forma ben definita, che può influenzare il mondo con maggiore efficacia. Questo principio è alla base di molte pratiche spirituali, come la meditazione, la preghiera o la visualizzazione creativa, ma trova riscontro anche nella psicologia moderna, che riconosce il potere della focalizzazione mentale per raggiungere obiettivi concreti.

La cymatica offre una rappresentazione visibile di ciò che avviene nel campo mentale quando formuliamo un pensiero. Gli esperimenti di Hans Jenny, pioniere di questa disciplina, hanno dimostrato come le vibrazioni sonore possano modellare la materia, creando forme geometriche armoniose. Ad esempio, quando una frequenza sonora viene applicata a una lastra con della sabbia, le particelle si organizzano in schemi precisi, che cambiano al variare della frequenza. Analogamente, i pensieri, che sono vibrazioni sottili, generano schemi nel campo energetico, influenzando tutto ciò che incontrano. Questa analogia ci aiuta a comprendere l’impatto delle forme pensiero: come il suono organizza la materia, i pensieri organizzano l’energia, creando realtà visibili e invisibili. Quando parliamo o cantiamo, il nostro corpo diventa un generatore di onde sonore che interagiscono con il nostro campo energetico e con la materia circostante. Questi suoni, uniti alle nostre intenzioni, creano vere e proprie impronte vibrazionali.

 

Il corpo come risonatore

Il corpo umano è una cassa di risonanza e consonanza naturale. Ogni organo e ogni cellula risuonano a determinate frequenze, e il suono della nostra voce può influenzarli. La cymatica applicata al corpo, spesso chiamata sound healing, dimostra come la vibrazione possa armonizzare i tessuti e riportare equilibrio. Quando cantiamo con consapevolezza, le vibrazioni emesse dalla voce possono creare “schemi energetici” simili a quelli osservati negli esperimenti di cymatica. Un mantra ripetuto con intenzione focalizzata può produrre risonanze che influenzano il nostro campo energetico, creando forme pensiero armoniose capaci di generare stati di calma, chiarezza e abbondanza di energia vitale.

 Canto vocalico e geometria sacra

Nel canto vocalico, ogni vocale è associata a una frequenza specifica che genera una particolare vibrazione nel corpo. La “A”, ad esempio, risuona nella zona del petto e del cuore, mentre la “I” stimola l’area della testa. La cymatica ci mostra che queste vibrazioni non si limitano al corpo, ma si espandono creando geometrie nell’ambiente, influenzando ciò che ci circonda. Se consideriamo le forme pensiero come “strutture vibrazionali”, il canto vocalico, amplificando l’intenzione, diventa uno strumento per plasmarle e renderle più definite. Le immagini cymatiche delle frequenze prodotte dalle vocali mostrano schemi ordinati, che riflettono equilibrio e armonia, in perfetta analogia con il potenziale di queste forme pensiero.

Canto armonico e creazioni multistrato

Il canto armonico, in cui il cantante produce più frequenze simultaneamente, è particolarmente efficace nella creazione di forme pensiero complesse. Gli armonici superiori generati interagiscono tra loro creando vibrazioni che si sovrappongono, come onde che modellano schemi cymatici complessi. Questo tipo di canto, caricato di intenzioni specifiche, può avere un effetto trasformativo profondo sia sul cantante sia sull’ascoltatore. Ad esempio, chi pratica il canto armonico con l’obiettivo di generare quiete e presenza può “intrecciare” queste intenzioni nelle vibrazioni emesse, creando un campo energetico che influenza il proprio stato mentale ed emotivo, oltre a quello degli altri.

Le forme pensiero ci ricordano che ogni pensiero è un atto creativo con conseguenze reali. Non importa se siamo consapevoli o meno: ogni vibrazione mentale lascia un’impronta, influenzando noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda. Imparare a pensare con chiarezza, intenzione, consapevolezza e presenza è una delle chiavi per trasformare la nostra vita e contribuire a un cambiamento positivo nella realtà collettiva. In un universo governato da vibrazioni e risonanze, ogni pensiero ben formulato è un seme di trasformazione. Sta a noi scegliere cosa seminare e quale mondo costruire, consapevoli del nostro immenso potere creativo.

Lorenzo Pierobon 2025 ©

 

Arti marziali (interne) voce e canto

La voce e le arti marziali si incontrano in una zona virtuale dove l’energia, il corpo e la mente si fondono. La pratica della vocalizzazione nelle arti marziali è un esempio potente di come il suono può avere un impatto fisico e psicologico sul corpo, e di come le frequenze sonore possano essere utilizzate per migliorare non solo la tecnica, ma anche la consapevolezza e la spiritualità del praticante. Diverse discipline marziali attribuiscono un’importanza specifica alla respirazione, al suono e alla risonanza vocale come parte dell’allenamento e della performance.  In molte arti marziali orientali, come il Tai Chi e l’Aikido, si enfatizza l’importanza di connettersi con la propria energia interna, o qi. L’uso della voce, anche solo come vibrazione interna durante l’espirazione, può aiutare a radicare e a stabilizzare la mente e il corpo. Questa connessione può essere particolarmente potente quando il praticante utilizza suoni gravi o note basse, che creano una risonanza profonda e calmante. Questi suoni vengono spesso emessi durante il movimento, soprattutto nelle tecniche di spinta o nelle fasi di rilascio dell’energia.

Uno degli esempi più noti dell’uso della voce nelle arti marziali è il kiai, (気合: “grido” o “spirito combattivo”) un grido ottenuto da una forte espirazione ventrale che consente di rilasciare l’energia al momento dell’assalto. Nel kendō, ai principianti viene insegnato a gridare il nome della parte bersaglio del colpo (kote, men, dō, tsuki) per sviluppare il kiai. Questo suono, emesso con forza al culmine di un attacco o di una mossa difensiva, ha più scopi: aiuta a liberare energia, a intimidire l’avversario, e a focalizzare l’intenzione del movimento. Il kiai è una forma di “canto marziale,” una vibrazione vocale che mira a mettere in sincronia il corpo e la mente, generando uno stato di flow in cui l’intenzione e il gesto si fondono in un’unica azione. Alcuni studi suggeriscono che l’uso del kiai può effettivamente aumentare la forza fisica e la potenza del colpo grazie alla contrazione muscolare indotta dalla vibrazione sonora.

Alcune pratiche cinesi, come il Qigong e il Kung Fu, utilizzano suoni specifici per controllare la respirazione e promuovere la salute energetica del corpo. Questi suoni, noti come “i sei suoni segreti” nel Qigong, aiutano a stimolare organi interni e a migliorare la circolazione del qi. Questa pratica si basa sul principio che il corpo, come uno strumento musicale, risuona a specifiche frequenze, e che il suono giusto può favorire l’armonia interna e il rilassamento. Le vibrazioni create dai suoni vocali possono anche avere un effetto sulla muscolatura. L’azione di emettere suoni come grida o anche solo suoni ritmati può portare ad un miglior controllo della contrazione muscolare. Alcuni atleti usano il grido non solo come un modo per caricare il corpo di energia, ma anche per rendere più fluida e potente l’esecuzione di un movimento.

Gli stili interni delle arti marziali cinesi nascono dalla fusione tra pratiche meditative, influenzate dal Buddismo e dal Taoismo, e le tradizioni marziali radicate nei villaggi cinesi. Questo incontro ha dato vita a discipline in cui la ricerca dell’equilibrio, tanto fisico quanto mentale, è il fulcro della pratica, trasformando le arti marziali in un percorso di crescita personale e spirituale. L’idea centrale di queste discipline è che la vera forza risiede non nell’azione aggressiva, ma nella capacità di armonizzare corpo, mente ed energia. Gli stili interni si fondano su alcune caratteristiche fondamentali che riflettono l’unione tra tecnica marziale e ricerca meditativa:

Elasticità e coordinazione
Gli stili interni enfatizzano la flessibilità come qualità indispensabile per muovere il corpo in armonia. I piedi rappresentano la connessione con la terra, la testa con il cielo e le mani con lo spazio intermedio. Ogni gesto diventa un ponte tra questi elementi, creando un’unità armoniosa.

Gesti lenti e consapevoli
La lentezza dei movimenti è il segreto per costruire l’unità tra corpo e spirito. Gesti deliberati e precisi educano il praticante a percepire ogni minima tensione e a rilasciarla, portandolo a un controllo sempre maggiore del proprio corpo e della propria energia.

Rilassamento  come forma di connessione alla forza vitale
L’abbandono delle tensioni muscolari è essenziale per permettere ai fluidi corporei e al respiro di scorrere liberamente. Questo rilassamento non è sinonimo di debolezza, ma di forza flessibile, capace di adattarsi e di fluire liberamente senza ostacoli.

Immobilità e il principio del Wu Wei
La pratica della quiete, anche nel movimento, permette di raggiungere lo stato di wu wei, ovvero il “agire senza forzare” (il non agire). Questo concetto taoista suggerisce che l’azione più efficace nasce dalla totale assenza di resistenza mentale o fisica, permettendo al corpo di rispondere spontaneamente e in modo naturale agli stimoli esterni.

Alternanza di pieno e vuoto
Il praticante degli stili interni impara a giocare con l’equilibrio tra pieno (durezza ed esplosività) e vuoto (distensione e rilassamento). Questa alternanza è ciò che rende una tecnica fluida ed efficace, capace di neutralizzare l’avversario senza uno sforzo eccessivo.

Presenza  come allenamento dell’intenzione
Il lavoro sull’intenzione è fondamentale. L’energia segue il pensiero, e attraverso la presenza  il praticante coltiva il corpo e lo spirito, sviluppando un controllo continuo e totale del proprio essere.

I praticanti di queste discipline cercano un controllo completo del corpo, sviluppando la capacità di passare da uno stato all’altro con leggerezza e consapevolezza. Quando un attacco viene sferrato, essi lo neutralizzano attraverso una contrazione controllata dell’energia interna (qi), per poi rilasciarla in maniera esplosiva al momento opportuno. Questo processo non è solo fisico, ma anche mentale: richiede calma e una profonda connessione con il proprio centro. In un mondo sempre più frenetico, la filosofia degli stili interni offre una via per coltivare l’equilibrio e la consapevolezza. La loro pratica non è solo utile per la difesa personale, ma anche per il benessere psicofisico, poiché insegna a muoversi con intenzione, a respirare profondamente e a rispondere agli eventi con flessibilità. Questa saggezza, ereditata dai villaggi e monasteri cinesi, rimane oggi più che mai un potente strumento per affrontare le sfide quotidiane con serenità e forza interiore.

Nella mia personale esperienza ho riscontrato che alcuni artisti marziali, specialmente quelli che praticano arti interne, hanno sperimentato tecniche vocali come il canto armonico. Attraverso la pratica del canto armonico, l’artista marziale può esplorare la propria voce come mezzo di meditazione e di auto-espressione profonda, il che può portare ad una maggiore consapevolezza del proprio stato interno. L’uso degli armonici vocali permette una risonanza unica, che può aiutare a canalizzare meglio l’energia e a migliorare la concentrazione. La voce può anche essere uno strumento per accedere a stati alterati di coscienza. In molte arti marziali, si parla di entrare in uno “stato di flusso” o di “vuoto mentale” (chiamato mushin nel Buddismo Zen). Questa condizione mentale è simile a quella che si può sperimentare attraverso pratiche vocali come il canto armonico, il canto dei mantra o il canto vocalico dove la mente razionale si ritira e il corpo agisce in modo spontaneo e intuitivo. Attraverso la pratica della vocalizzazione, l’artista marziale può accedere a uno stato di coscienza in cui la sua risposta è immediata, intuitiva e priva di tensione.

Il canto nelle arti marziali aggiunge un livello ancora più profondo di connessione tra mente, corpo e spirito, esplorando non solo la voce come veicolo di energia, ma anche come strumento di equilibrio e centratura. Mentre suoni come il kiai sono pensati per esplosioni di potenza, il canto introduce un aspetto più meditativo e continuo, utile per il mantenimento dell’energia e per favorire la concentrazione durante l’allenamento.

Un’arte marziale come la Capoeira brasiliana, include il canto come elemento fondamentale dell’allenamento. Il canto ritmico accompagna i movimenti, contribuendo a creare un flusso armonico tra l’atleta e il ritmo musicale. Il canto permette al praticante di entrare in sintonia con il proprio corpo, rispondendo in maniera più fluida e intuitiva ai movimenti dell’avversario. Inoltre, aiuta a stabilire un ritmo interno costante, che mantiene l’energia senza sprechi. Alcuni praticanti di livello avanzato usano il canto come strumento di visualizzazione. Cantare una nota lunga e continua può aiutare a creare una “mappa mentale” dei movimenti, permettendo così di focalizzare la propria intenzione su specifiche parti del corpo o su una tecnica in particolare. L’idea è che il canto diventi un mantra che guida la mente e il corpo attraverso l’azione, rendendo il gesto più preciso e l’intenzione più focalizzata. Questo è particolarmente utile nelle arti marziali interne, dove il controllo mentale e la consapevolezza del corpo sono fondamentali. Il canto armonico, in particolare, ha un potenziale speciale nelle arti marziali, soprattutto quando si esplorano tecniche più spirituali. Pratiche come il canto difonico (in cui si producono due note contemporaneamente) permettono di creare frequenze che risuonano nel corpo e nella mente, generando uno stato di profonda consapevolezza e connessione con se stessi. Questo tipo di canto è utilizzato da alcuni artisti marziali come pratica preparatoria, un metodo per raggiungere uno stato mentale libero da distrazioni e pronto ad accogliere le tecniche da memorizzare.

Alcuni maestri marziali, influenzati dalle pratiche zen e taoiste, vedono il canto come un’estensione naturale dell’arte marziale. Proprio come ogni colpo o movimento deve essere eseguito con intenzione, anche il canto è un mezzo per esprimere il proprio potere interiore e armonizzare l’energia. L’idea è che la voce rappresenti una forma di “respiro sonoro”, che, se allineato con il corpo, può intensificare l’efficacia della pratica e persino amplificare l’intento di ogni gesto. Il canto diventa così un’espressione sonora del movimento, una “scia vibrante” che lascia un’impronta di sé anche dopo l’esecuzione della tecnica. La sinergia tra canto e arti marziali va oltre l’uso della voce come semplice espediente tecnico. Il canto diventa una forma di meditazione in movimento, che permette al praticante di entrare in una dimensione intima e spirituale, amplificando la connessione tra corpo e spirito. Questa fusione tra canto e arte marziale non è solo una strategia di allenamento, ma un cammino per raggiungere un equilibrio profondo.

Lorenzo Pierobon 2024 ©