Archivio giornaliero 11 Ottobre 2025

Hesychia

Il momento in cui la voce tace e tutto sembra sospeso non è ancora suono, non è più semplice respiro. È uno spazio intermedio, fragile e denso, dove il tempo si piega su sé stesso. In greco antico questo spazio ha un nome: hesychia., ἡσυχία che significa silenzio, quiete, tranquillità profonda. È una parola che nasce nel contesto del monachesimo cristiano orientale, e non indica semplicemente l’assenza di rumore, ma uno stato interiore di calma e presenza che si raggiunge attraverso la pratica del raccoglimento, della preghiera e della contemplazione.

Nel filone dell’esicasmo (dal greco hesychasmós), i monaci cercavano di entrare in una condizione di “pace del cuore”, dove il pensiero si fa trasparente e la mente si placa. L’Hesychia non è solo meditazione, ma una forma di ascolto radicale, in cui la parola sacra viene ripetuta fino a dissolvere il rumore mentale, lasciando emergere una presenza pura.

In senso più ampio, è lo stato del vuoto fertile, simile al silenzio interiore che molte tradizioni contemplative, anche orientali, hanno cercato: un centro immobile attorno al quale tutto può muoversi senza turbare. È una qualità che non è passività, ma attenzione vigilante.

Non si tratta di un silenzio vuoto, ma di un silenzio abitato, un silenzio che vibra come una sorgente sotterranea, non è solo assenza di rumore: è una qualità della presenza, un modo diverso di abitare il mondo. I monaci orientali la ricercavano attraverso la preghiera del cuore, ripetuta fino a dissolvere i pensieri. In quel silenzio, il cuore si allineava al respiro e il respiro alla voce interiore, generando uno stato di quiete che era al tempo stesso intensità e vigilanza. Nell’esperienza vocale, è la soglia che precede il canto. È il respiro che si ferma un istante prima dell’attacco, è la sospensione che contiene tutte le possibilità. La voce che nasce da lì porta con sé un’altra qualità: non è solo suono, ma presenza incarnata. È come se chi ascolta percepisse che non sta ricevendo un messaggio, ma entrando in un campo vibrante che lo riguarda da vicino.

Ogni voce autentica affonda le sue radici nel silenzio. Senza silenzio, il suono diventa superficie, parola detta senza radici, canto che scivola via. L’hesychia, invece, è il terreno fertile dove la voce trova nutrimento. È il grembo invisibile da cui ogni vibrazione prende forma. Immagina il momento in cui un cantante armonico inizia a generare gli overtone. Prima c’è un ascolto quasi invisibile, un raccoglimento che permette all’orecchio di percepire la trama sottile degli armonici, se questa sensazione non è presente, la mente corre, l’attenzione si frantuma e gli armonici si disperdono. Ma quando la quiete interiore diventa solida, allora la voce si apre come un prisma: dentro un solo suono si rivelano mondi. In questo senso, l’hesychia è un alleato del canto. Non è un silenzio che spegne, ma un silenzio che genera. È lo spazio che permette al suono di fiorire nella sua interezza.

Lorenzo Pierobon 2025 ©